La collezione d’arte ambientale ideata e voluta con amore e impegno da Giuliano Gori prende forma ufficialmente il 12 giugno 1982. Lasciano la firma su quest’avventura tanti artisti, italiani e internazionali. Mimmo Paladino, Gilberto Zorio, Fausto Melotti, Michelangelo Pistoletto, l’americano Robert Morris, teorico della Minimal Art, Daniel Buren, Sol LeWitt, Jean-Michel Folon e moltissimi altri.
Un luogo magico, una sorta di paese dei balocchi per chi ama l’arte e in particolare quella che incontra la natura. Un luogo dove idee e sogni hanno preso la forma di opere artistiche e dove il solo imperativo da seguire è quello di lasciare fuori il nostro traffico quotidiano dai confini fisici dello spazio che ci sta per incantare.
Villa Celle con le sue settanta opere d’arte ambientali risponde alle dinamiche dell’utopia e della meraviglia. Assomiglia ad una favola, che ha avuto il suo principe in Giuliano e Pina Gori, una coppia di imprenditori innamorati dell’arte, del bello e dell’amicizia e che con questi sentimenti hanno per decenni invitato artisti a Celle da ogni dove. Con loro hanno parlato, festeggiato, progettato e condiviso un unico progetto, trasformare una lussuosa villa residenziale in un luogo d’arte. Andy Warhol, Christo e Jeanne-Claude passano di qui, Niki de Saint Phalle e l’eccentrico marito Jean Tinguely.
Alla fine degli anni ’70 Giuliano acquista la Villa Celle e il suo immenso parco per dare forma ai suoi sogni. Da allora nella villa e nel suo parco è stato fino a pochi anni fa, un alternarsi di soggiorni, eventi, performance, serate festose, incontri e scontri tra artisti che qui si sono conosciuti per la prima volta, passati insieme all’insegna della bellezza e dell’arte.
Per chi arriva oggi a Celle dà il benvenuto una bella scultura di Alberto Burri del 1986, un grande ferro vagamente circolare di un rosso minio che svetta sul piano verde del prato.
La passeggiata nel parco si alterna nei sali scendi di terrapieni e vialetti, ampi prati e laghetti, nel luccichio metallico delle opere di Fausto Melotti o di Loris Cecchini.
Tra quelle più enigmatiche del parco c’è sicuramente quella di Claudio Parmeggiani e Robert Morris, Melancolia II. I due artisti hanno voluto nel parco un canneto di diverse piante di bambù e disteso sul terreno hanno adagiato grandi sculture di marmo che rappresentano tutti gli oggetti più significativi della celebre incisione cinquecentesca di Albrecht Durer, Melencolia.
Di marmo è anche il labirinto che l’americano Robert Morris lascia a Villa Celle. Un gigantesco triangolo di marmo alto due metri e mezzo, bianco e verde, scavato al suo interno è il labirinto-gioco dove perdersi.
Marmo e metallo, acciaio e ottone, bronzo, sono i materiali che maggiormente abitano il verde ambiente di Celle, ma anche vetri dalle cromie fluo inaspettate colpiscono lo sguardo del visitatore.
Nel 2005 arriva a Celle lo scultore francese Daniel Buren, celebre per la sua galleria di cerchi colorati realizzati per Monumenta 2012 al Grand Palais di Parigi. Qui nel grande parco toscano gioca ancora con campiture di colori molto accesi e con la trasparenza. Il riflesso degli specchi aumenta e diminuisce i volumi delle sue quattro grandi stanze, sistemate su una radura seminascosta nell’attesa di sorprendere e disorientare.
Nel mezzo della vegetazione forme e materiali contemporanei, figli della nostra era urbanizzata, abita il parco di Celle. Ma c’è anche la sorpresa di trovare opere realizzate solo con la natura stessa e i suoi elementi. I Cerchi nel grano di Alain Sonfist sono questo. Anelli in successione narrano la storia del paesaggio urbano. Al centro di un’opera circolare si trovano le piante autoctone toscane, protette da un anello di rami fusi in bronzo, poi un anello di alloro, poi di timo che nasce spontaneamente dall’alloro, poi un anello di galestro, la pietra ‘benedetta’ per la produzione vino toscano, infine ulivi e grano. Arte ambientale all’ennesima potenza, arte nuda che nasce magicamente solo dall’unione di idea e natura.
La Villa non è mai diventata museo, come nella volontà dei padroni di casa, ma un luogo dove gli artisti s’incontrano e dove nascono idee, una fabbrica di idee e di bellezza, un laboratorio interdisciplinare.
Gli artisti che si sono succeduti negli anni hanno trovato in Giuliano Gori un mecenate fuori dai suoi tempi contemporanei, un committente attento in grado di innescare stimoli fertili, talvolta fortemente dialettici.
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Testo di Federica Falchini