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A casa giocando s’impara: I modelli in carta del Musmed “costruiamo un rapace”

Il Museo di Sto­ria Natu­ra­le di Livor­no a domi­ci­lio. In col­la­bo­ra­zio­ne con Coop Itinera.
A casa gio­can­do s’im­pa­ra: I model­li in car­ta del Musmed “costruia­mo un rapace”
Atti­vi­tà per bam­bi­ni e ragaz­zi dai 7 ai 12 anni

Nuo­vo appun­ta­men­to del­la rubri­ca “A casa… Gio­can­do s’impara” pro­mos­sa dal Museo di Sto­ria Natu­ra­le di Livor­no in col­la­bo­ra­zio­ne con coop.Itinera. Que­sta vol­ta fare­mo un viag­gio die­tro le quin­te del Museo: andre­mo infat­ti nel labo­ra­to­rio di Iuri Simon­ci­ni, istrut­to­re tas­si­der­mi­sta del museo, che ci par­le­rà del­la sua ori­gi­na­le tec­ni­ca di costru­zio­ne di model­li di uccel­li “in car­ta” e ci mostre­rà alcu­ne fasi del­la rea­liz­za­zio­ne di uno spet­ta­co­la­re model­lo di Con­dor del­le Ande. A segui­re una diver­ten­te atti­vi­tà di labo­ra­to­rio nel­la qua­le ver­rà mostra­to come è pos­si­bi­le costrui­re un pic­co­lo fal­chet­to in car­ta. Un rin­gra­zia­men­to allo staff scien­ti­fi­co del Museo: Ambra, Ema­nue­la, Mar­co, Ali­ce ed Annalisa.

Le Ville suburbane a Livorno, originale tipologia edilizia

Villa Attias (Villa Bossio)

- Lau­ra Giuliano -

Nel con­te­sto gene­ra­le del­le tipo­lo­gie archi­tet­to­ni­che la Vil­la sto­ri­ca­men­te si svi­lup­pa in epo­ca rina­sci­men­ta­le con­te­stual­men­te alla risco­per­ta del­la natu­ra. In que­sto sen­so il model­lo del­la vil­la tosca­na, assai dif­fu­sa sui col­li fio­ren­ti­ni, si affer­ma come un pro­to­ti­po da emu­la­re con carat­te­ri­sti­che pre­ci­se e ben definite.
La vil­la è infat­ti di soli­to impo­sta­ta come una strut­tu­ra a bloc­co a pian­ta qua­dra­ta, con due pia­ni fuo­ri ter­ra ed un por­ti­co cen­tra­le rive­sti­to in bugna­to. Nel con­te­sto gene­ra­le del­le vil­le tosca­ne, Livor­no si pre­sen­ta come un caso uni­co e mol­to ori­gi­na­le pre­sen­tan­do una estre­ma varie­tà e ric­chez­za di tipo­lo­gie archi­tet­to­ni­che in vir­tù del­la diver­si­tà dei suoi paesaggi.
La vera moda del­la vil­la, inte­sa come resi­den­za signo­ri­le, per col­ti­va­re gli ozi, nasce a Livor­no con l’800 gra­zie allo svi­lup­po del­la cit­tà come capi­ta­le del­le bagna­tu­re esti­ve e all’iniziativa di fami­glie bene­stan­ti che comin­cia­no a spo­sta­re le resi­den­ze dal cen­tro ver­so la costa fino alle col­li­ne vicine.
Loca­li­tà come Mon­te­ne­ro, Mon­te­ro­ton­do, insie­me ai nuo­vi abi­ta­ti for­ma­ti­si lun­go il lito­ra­le tra Arden­za e Anti­gna­no, diven­go­no così luo­ghi pri­vi­le­gia­ti dove vive­re in sere­ni­tà ed armo­nia con la natu­ra e al tem­po stes­so fare sfog­gio del­le pro­prie ricchezze.
La testi­mo­nian­za più signi­fi­ca­ti­va di que­sto pri­mo svi­lup­po del­la “Vil­la livor­ne­se” si leg­ge diret­ta­men­te sul ter­ri­to­rio, lun­go la Via del­l’Am­bro­gia­na, che dal 1582 ha man­te­nu­to pres­so­ché inal­te­ra­to il suo per­cor­so. Le resi­den­ze signo­ri­li van­no ad inse­rir­si in que­sto tes­su­to già par­zial­men­te occu­pa­to da vil­le padro­na­li con ampi pode­ri, man­te­nen­do l’aspetto del­la casa padro­na­le di campagna.
Del tut­to nuo­va e diver­sa è inve­ce la “Vil­la al mare”, nata ad esclu­si­vo sco­po di vil­leg­gia­tu­ra per col­ti­va­re gli ozi esti­vi e la moda dei bagni. I carat­te­ri archi­tet­to­ni­ci che con­trad­di­stin­guo­no que­sta tipo­lo­gia edi­li­zia sono lega­ti alle pos­si­bi­li­tà offer­te dal­la natu­ra marit­ti­ma del luo­go su cui sor­go­no. Dal­la pro­prie­tà scom­pa­re qua­si del tut­to l’ar­chi­tet­tu­ra cam­pe­stre, tipi­ca del­la vil­la di cam­pa­gna, per lascia­re spa­zio ad ampie ter­raz­ze, pano­ra­mi­ci “bel­sòl” e ario­si giar­di­ni col­le­ga­ti spiag­get­te limi­tro­fe. La resi­den­za mari­na, pre­sen­ta così una strut­tu­ra più libe­ra ed aper­ta, in modo da garan­ti­re ai vil­leg­gian­ti il bene­fi­cio dell’aria sal­ma­stra, tipi­ca­men­te labronica.

Villa Mimbelli
Vil­la Mimbelli

Carlo Goldoni e Livorno

Livorno al tempo di Goldoni

- Valen­ti­na La Salvia -

La car­rie­ra di Car­lo Gol­do­ni rice­vet­te a Livor­no un impul­so signi­fi­ca­ti­vo, che deter­mi­nò il suo futu­ro come com­me­dio­gra­fo e padre del tea­tro moder­no: era il 1747, ed egli si recò nel­la cit­tà labro­ni­ca dal­la vici­na Pisa, dove da poco si era tra­sfe­ri­to per pro­fes­sa­re l’av­vo­ca­tu­ra. Il capo­co­mi­co Giro­la­mo Mede­bach lo ave­va invi­ta­to ad assi­ste­re alla mes­sa in sce­na di due del­le sue ope­re allo Stan­zo­ne del­le Com­me­die. Il tea­tro, situa­to die­tro piaz­za Colo­nel­la, nel­la zona del por­to, era già atti­vo dal­la metà del Sei­cen­to: con for­ma a “U” e tre ordi­ni di pal­chi sud­di­vi­si in 41 “stan­zi­ni”, fu il pri­mo tea­tro di Livor­no. L’e­ster­no era sem­pli­ce così come l’in­ter­no, il qua­le subì nel tem­po varie tra­sfor­ma­zio­ni, fino ad ave­re, nel 1758, 87 pal­chet­ti. Anda­ro­no in sce­na la Gri­sel­daLa Don­na di gar­bo; que­st’ul­ti­ma, scrit­ta nel 1742, ave­va debut­ta­to a Vene­zia. Pur non aven­do mai lascia­to il tea­tro, fu la visio­ne del­l’al­le­sti­men­to di que­ste sue ope­re e l’in­con­tro con Mede­bach, il qua­le gli offrì un con­trat­to come scrit­to­re del­la com­pa­gnia, a far sì che Gol­do­ni abban­do­nas­se l’av­vo­ca­tu­ra per dedi­car­si esclu­si­va­men­te al teatro. 
La com­pa­gnia si tra­sfe­rì sta­bil­men­te a Vene­zia, al tea­tro San­t’An­ge­lo, por­tan­do­si die­tro Gol­do­ni: fra il 1748 e il 1753 egli scris­se ben 8 com­me­die, tra le qua­li L’uo­mo pru­den­te, La vedo­va scal­traL’e­re­de for­tu­na­ta. La col­la­bo­ra­zio­ne con Mede­bach pro­se­guì anche nel­la fase matu­ra del­la sua pro­du­zio­ne che lo por­tò a rifor­ma­re il tea­tro a par­ti­re dal­l’o­pe­ra Il tea­tro comi­co.
Il ricor­do di Livor­no rima­se per Gol­do­ni inde­le­bi­le, come è scrit­to nel­la sua auto­bio­gra­fia Mémo­ries (1787). Quan­do com­po­se La bot­te­ga del caf­fè, nel 1750, era anco­ra viva in lui l’im­ma­gi­ne del­le bot­te­ghe di via Fer­di­nan­da. E La tri­lo­gia del­la Vil­leg­gia­tu­ra per il Tea­tro San Luca di Vene­zia, scel­se di ambien­tar­la a Livorno.
Non è un caso, dun­que che il più impor­tan­te tea­tro del­la cit­tà sia inti­to­la­to pro­prio a Car­lo Gol­do­ni, ma que­sta è un’al­tra storia.

  • Per rileg­ge­re La Tri­lo­gia del­la Vil­leg­gia­tu­ra:
    http://​www​.let​te​ra​tu​rai​ta​lia​na​.net/​p​d​f​/​V​o​l​u​m​e​_​7​/​t​1​7​6​.​pdf
Carlo Goldoni
Car­lo Goldoni

BIBLIOGRAFIA

  • Bur­dick, Il Tea­tro, Mon­da­do­ri 1978
  • Moli­na­ri Cesa­re, Il tea­tro: reper­to­rio dal­le ori­gi­ni a oggi, Mon­da­do­ri 1982
  • Erri­co C., Mon­ta­nel­li M., Impre­sa­ri, tea­tri e tea­tran­ti nel­la Livor­no medi­cea, Livor­no 2018
  • www​.trec​ca​ni​.it

Livorno e gli albori risorgimentali

Porta San Marco Livorno

- Ire­ne Corsi -

Uno degli impul­si che ha for­gia­to lo spi­ri­to demo­cra­ti­co e liber­ta­rio del popo­lo livor­ne­se è rap­pre­sen­ta­to dal­l’in­fluen­za dell’occupazione mili­ta­re fran­ce­se alla fine del XVIII sec.
Nono­stan­te il dan­no eco­no­mi­co, infat­ti l’occupazione fran­ce­se incon­trò il favo­re del­la comu­ni­tà israe­li­ti­ca che all’e­po­ca costi­tui­va il 10 per cen­to del­la popo­la­zio­ne livor­ne­se. I rap­por­ti tra i due sog­get­ti favo­ri­ro­no lo svi­lup­po di rela­zio­ni com­mer­cia­li van­tag­gio­se; gli israe­lia­ni pote­va­no usu­frui­re di alcu­ni nuo­vi dirit­ti civi­li qua­li la par­te­ci­pa­zio­ne al gover­no cit­ta­di­no e l’appartenenza alla Guar­dia Nazionale.
Tali rap­por­ti ami­che­vo­li aumen­ta­ro­no l’avversione anti­se­mi­ta in cer­ti stra­ti cat­to­li­ci, che acco­mu­na­va­no le qua­li­fi­che di “ebreo” e di “gia­co­bi­no” in un’unica deplorazione.
La per­ma­nen­za dei fran­ce­si pro­vo­cò lo svi­lup­po di un par­ti­to repub­bli­ca­no al qua­le ade­ri­ro­no, oltre agli israe­li­ti­ci, anche mol­ti cit­ta­di­ni di altre comu­ni­tà e del­la popo­la­zio­ne livornese.
L’istituzione del­la Muni­ci­pa­li­tà, orga­no di gover­no di cui ven­ne­ro chia­ma­ti a far par­te cit­ta­di­ni cat­to­li­ci ed israe­li­ti­ci, la divi­sio­ne ammi­ni­stra­ti­va del­la cit­tà in cin­que quar­tie­ri, la crea­zio­ne di un Cir­co­lo di istru­zio­ne pub­bli­ca, l’abolizione dei pri­vi­le­gi dei fac­chi­ni ber­ga­ma­schi e l’allargamento del dirit­to al lavo­ro dei por­tua­li livor­ne­si, furo­no i pri­mi ele­men­ti di tra­sfor­ma­zio­ne in sen­so democratico.
Gra­zie all’im­por­tan­za marit­ti­ma e stra­te­gi­ca del­la cit­tà di Livor­no intui­ta da Napo­leo­ne, il nuo­vo ordi­na­men­to ammi­ni­stra­ti­vo del­la Tosca­na com­por­tò la divi­sio­ne del ter­ri­to­rio in tre dipar­ti­men­ti: Firen­ze, Sie­na, Livor­no; dove quel­lo di Livor­no, “Medi­ter­ra­neo”, com­pren­de­va anche Pisa e Vol­ter­ra esten­den­do­si su qua­si tut­ta la fascia costiera.
Nel 1799, 2500 cit­ta­di­ni livor­ne­si segui­ro­no le trup­pe fran­ce­si in riti­ra­ta e i sol­da­ti austria­ci arre­sta­ro­no 352 cit­ta­di­ni livor­ne­si per “gia­co­bi­ni­smo”, tra cui lo stam­pa­to­re Tom­ma­so Masi, l’israelita Moi­sè Trion­fo e l’inglese Stuard.
Ma il ritor­no a Livor­no dei fran­ce­si tra il 1807 e il 1813 e l’aumento degli emi­gra­ti cor­si e fran­ce­si favo­rì lo svi­lup­po di socie­tà segre­te di ispi­ra­zio­ne buo­nar­ro­tia­na e san­si­mo­ni­na, che det­te­ro ali­men­to demo­cra­ti­co alla lot­ta risor­gi­men­ta­le, di cui uno dei prin­ci­pa­li frut­ti fu la nasci­ta del nuo­vo perio­di­co: L’Indicatore Livornese”.

Porta San Marco Livorno
Por­ta San Mar­co, Livor­no, Ita­ly. Wiki­me­dia, Author: Lucarelli

A casa giocando s’impara “Speciale Pasqua”: le galline livornesi e la costruzione del nido

In occa­sio­ne del­la dome­ni­ca pasqua­le, par­le­re­mo del­le gal­li­ne livor­ne­si, ormai uno dei sim­bo­li del Museo e fra le attra­zio­ni pre­fe­ri­te dai visi­ta­to­ri di Vil­la Hen­der­son dove si tro­va una vera e pro­pria Casa del­le gal­li­ne livor­ne­si.
Ascol­tia­mo dal­la voce di Mar­co la sto­ria di que­sta par­ti­co­la­re e pre­gia­ta raz­za tosca­na di gal­li­ne ova­io­le. A segui­re, assie­me ad Ema­nue­la costrui­re­mo con sem­pli­ci mate­ria­li un vero e pro­prio nido dove poter met­te­re al sicu­ro le nostre uova pasqua­li in atte­sa del momen­to giu­sto per aprirle!

Lavandaie e Acquaiole, antichi mestieri dell’acqua

Giovanni Fattori - Acquaiole livornesi

- Fede­ri­ca Falchini -

Lavan­da­ie e acqua­io­le, due mestie­ri che le don­ne di Livor­no han­no svol­to per mol­tis­si­mo tem­po, dan­do un con­tri­bu­to fon­da­men­ta­le alla sana con­dot­ta quo­ti­dia­na lega­ta all’ac­qua, ele­men­to pri­ma­rio di benes­se­re, salu­te e igie­ne, soprat­tut­to in tem­po di epi­de­mie. Il loro lavo­ro umi­le non è mai pas­sa­to inos­ser­va­to, rima­nen­do impres­so nel­l’im­ma­gi­na­rio e per­si­no in qual­che locu­zio­ne lin­gui­sti­ca. Il det­to Viag­gio d’ac­qua indi­ca­va il tra­spor­to di bari­li del­la capa­ci­tà di 40 litri che dai car­ret­ti veni­va­no tra­spor­ta­ti a mano su per le sca­le o fino ai por­to­ni del­le case dal­le acqua­io­le, per por­ta­re acqua puli­ta nel­le case, pri­ve di ogni impian­to idri­co. Uno dei mestie­ri più fati­co­si tra quel­li fem­mi­ni­li, le acqua­io­le don­ne vigo­ro­se, riso­lu­te e spes­so ris­so­se che facil­men­te pote­va­no azzuf­far­si intor­no alle fon­ta­ne per que­stio­ni di pre­ce­den­za a col­pi di zoc­co­li e grida. 
Una bel­la inci­sio­ne otto­cen­te­sca ritrae un grup­po di don­ne acca­pi­glia­te intor­no al Monu­men­to a Fer­di­nan­do I, det­to dei Quat­tro Mori. Un altro mestie­re del­l’ac­qua era quel­lo del­le lavan­da­ie riser­va­to esclu­si­va­men­te alle don­ne, spes­so alle orfa­ne e tro­va­tel­le, asso­cia­to in mol­ti casi a quel­lo del­le leva­tri­ci. A Livor­no esi­ste­va­no 52 lava­toi pub­bli­ci, quel­li più noti, anda­ti distrut­ti nel­l’ul­ti­ma guer­ra, si tro­va­va­no nei pres­si del­la For­tez­za Nuo­va in una stra­da det­ta Via dei Lava­toi, così come nei pres­si del Cister­no­ne dove esi­ste anco­ra oggi il Vico­lo del­le Lavandaie.

Caffè Bardi

Caffè Bardi

- Valen­ti­na La Salvia -

«La gran sera era final­men­te venu­ta. Gli affre­schi del­le pare­ti e del­le vol­te nel Caf­fè era­no ormai com­piu­ti, i pan­nel­li era­no sta­ti attac­ca­ti, con le loro cor­ni­ci, ai pila­stri. Tut­to intor­no era un gran luc­ci­ca­re di ver­ni­ce fre­sca», così Etto­re Ser­ra descri­ve l’i­nau­gu­ra­zio­ne, nel 1911, del­la sala del Caf­fè Bar­di con le ope­re degli arti­sti del “can­tuc­cio di sini­stra”: Romi­ti, Nata­li, Ben­ve­nu­ti, Miche­loz­zi, Mario Puc­ci­ni, Gasto­ne Raz­za­gu­ta, tra­sfor­ma­ro­no la sala del Caf­fè Bar­di in una espo­si­zio­ne per­ma­nen­te di arte labro­ni­ca, il mani­fe­sto arti­sti­co dei suc­ces­so­ri di Gio­van­ni Fat­to­ri. Nel Palaz­zo Tad­deo­li all’an­go­lo fra via Cai­ro­li e via Cavour, già di pastic­ce­ri sviz­ze­ri, il loca­le, rile­va­to nel 1908 da Ugo Bar­di, fu ritro­vo per arti­sti e letterati. 
A pochi pas­si dal­la “spal­let­ta” dei Fos­si dove gli arti­sti ama­va­no sosta­re, diven­ne un vero e pro­prio por­to di mare dove non era raro incon­tra­re il com­po­si­to­re Pie­tro Masca­gni, il com­me­dio­gra­fo Dario Nic­co­de­mi o Ame­deo Modi­glia­ni. In que­sto loca­le nac­que il dibat­ti­to sugli svi­lup­pi cul­tu­ra­li del­la cit­tà: dal pro­get­to di una Casa del­l’Ar­te con sede al Cister­ni­no, alla gui­da di Livor­no, alla reda­zio­ne del­la rivi­sta esti­va “Nien­te Dazio?”. 
Quan­do, nel 1920, morì Mario Puc­ci­ni gli arti­sti del­la bran­ca si mobi­li­ta­ro­no per chie­de­re l’i­nu­ma­zio­ne nel Fame­dio di Mon­te­ne­ro per colui che con­si­de­ra­va­no il vero ere­de di Fat­to­ri, e, scon­tran­do­si con gli altri com­po­nen­ti del­la Fede­ra­zio­ne Arti­sti­ca Livor­ne­se, si costi­tui­ro­no in un grup­po: il tem­po del Caf­fè Bar­di vol­ge­va a ter­mi­ne ma una nuo­va sta­gio­ne arti­sti­ca si apri­va con il Grup­po Labro­ni­co, fon­da­to dai “puc­ci­nia­ni” il 15 luglio 1920. Nel 1921 il palaz­zo del Caf­fè Bar­di ven­ne acqui­sta­to dal Ban­co di Roma, il loca­le chiu­se per sem­pre e tut­ti gli arre­di e gli ogget­ti arti­sti­ci furo­no ven­du­ti all’asta.

BIBLIOGRAFIA

  • Ser­ra Etto­re, Vita di gio­vi­ne arti­sta, Livor­no : Bel­for­te, 1913 
  • Raz­za­gu­ta Gasto­ne, Vir­tù degli arti­sti labro­ni­ci, Soc. Ed. Tir­re­na, Livor­no 1943
  • Lloyd Llewe­lyn, Tem­pi Anda­ti, Val­lec­chi, Firen­ze 1951
  • Pier­leo­ni Miche­le, Mario Puc­ci­ni al Caf­fè Bar­di, incon­tri arti­sti­ci e cul­tu­ra­li nel­la Livor­no di ini­zio Nove­cen­to, in Il Caf­fè Bar­di di Livor­no (1909 – 1921) le arti all’in­con­tro, Ban­dec­chi e Vival­di, Pon­te­de­ra 2008
Benvenuti, Disegno, Caffè Bardi
Caf­fè Bar­di, Dise­gno di Ben­ve­nu­to Ben­ve­nu­ti, 1912

La Torre del Marzocco

La Torre del Marzocco

- Vale­ria Venuti -

La sto­ria del­la Tor­re Nuo­va, det­ta poi del Mar­zoc­co, ci por­ta indie­tro nel tem­po fino al XV seco­lo, a quan­do la costa labro­ni­ca era sce­na­rio di bat­ta­glie e l’antico Por­to Pisa­no – con­te­so per la sua stra­te­gi­ca posi­zio­ne – si sta­va ormai interrando.
Fu edi­fi­ca­ta dal­la Repub­bli­ca fio­ren­ti­na dopo che que­sta ave­va acqui­sta­to Livor­no dai geno­ve­si, deten­to­ri del pote­re sul por­to tosca­no dal 1407 fino al 1421. Costrui­ta sui resti dell’antica Tor­re Ros­sa, si sup­po­ne che il pro­get­to appar­te­nes­se al cele­bre scul­to­re e archi­tet­to Loren­zo Ghi­ber­ti secon­do la testi­mo­nian­za ripor­ta­ta da G. T. Toz­zet­ti, il qua­le tro­va somi­glian­ze tra un dise­gno del Ghi­ber­ti e il Mar­zoc­co. Anche se la pater­ni­tà del pro­get­to non è con­fer­ma­ta, resta affa­sci­nan­te il suo for­te lega­me con la cele­bre Tor­re dei Ven­ti di Ate­ne. Evi­den­ti sono le ana­lo­gie con la tor­re ate­nie­se: entram­be a pian­ta otta­go­na­le rive­sti­te di mar­mo bian­co pre­sen­ta­no sul­le otto fac­ce mar­mo­ree i ven­ti scol­pi­ti in bas­so­ri­lie­vo, for­man­do un bel­lis­si­mo fre­gio, men­tre in cima alla cuspi­de era fis­sa­ta una ban­de­ruo­la che ruo­ta­va in base al ven­to. Il nome Mar­zoc­co deri­va pro­prio dal­la for­ma del­la sua anti­ca ban­de­ruo­la: un leo­ne ram­pan­te di rame dora­to, per­du­to nel 1737 a cau­sa di un fulmine.
Oggi la tor­re non è visi­ta­bi­le al suo inter­no ed è inglo­ba­ta nel com­ples­so del por­to indu­stria­le, ma la sua impo­nen­te bel­lez­za vie­ne cita­ta da mol­ti cro­ni­sti ed elo­gia­ta da sem­pre come uno tra i monu­men­ti sim­bo­lo del­la cit­tà labronica.

BIBLIOGRAFIA

  • G. Tar­gio­ni Toz­zet­ti, Rela­zio­ne di alcu­ni viag­gi fat­ti in diver­se par­ti del­la Tosca­na, Firen­ze 1751
  • Fran­ce­sco Guic­ciar­di­ni, Isto­ria d’Italia di Fran­ce­sco Guic­ciar­di­ni, Firen­ze 1803
  • Ema­nue­le Repet­ti, Dizio­na­rio geo­gra­fi­co fisi­co sto­ri­co del­la Tosca­na, 1841

A casa giocando s’impara: nell’orto tra ninfee e arte

Il Museo di Sto­ria Natu­ra­le di Livor­no a domi­ci­lio. In col­la­bo­ra­zio­ne con Coop Itinera.
A casa gio­can­do s’impara”: nel­l’or­to tra nin­fee e arte
Atti­vi­tà per bam­bi­ni dai 5 ai 10 anni

Pro­se­guo­no gli appun­ta­men­ti per bam­bi­ni nell’ambito del­la rubri­ca on line A casa gio­can­do s’impara. Dome­ni­ca 5 apri­le fare­mo una pas­seg­gia­ta nell’orto del Museo di Sto­ria Natu­ra­le andan­do a sco­pri­re alcu­ne pian­te tipi­che dell’area Medi­ter­ra­nea ed in par­ti­co­la­re la più curio­sa, la nin­fea, l’elegante e raf­fi­na­ta pian­ta acqua­ti­ca, che ha ispi­ra­to tra l’altro mol­ti qua­dri del cele­bre pit­to­re impres­sio­ni­sta Clau­de Monet. I suoi qua­dri saran­no il pun­to di par­ten­za per rea­liz­za­re insie­me una vera e pro­pria ope­ra d’ar­te ispi­ra­ta alle sue famo­sis­si­me Ninfee. 
Ci accom­pa­gne­ran­no in que­sto per­cor­so Sil­via e Valeria.

La Birra Peroni. Quaranta anni di storia a Livorno

Birra Livorno De Giacomi

- Lau­ra Giuliano -

Alla fine dell’800 in Ita­lia, il mestie­re di bir­ra­io era svol­to da pochis­si­mi impren­di­to­ri vista la domi­nan­te cul­tu­ra vini­co­la. Anco­ra di più lo era in regio­ni come il Pie­mon­te, patria di vini pre­gia­ti. For­se que­sto fu il moti­vo che indus­se il gio­va­ne Giu­sep­pe De Gia­co­mi a tra­sfe­rir­si a Livor­no e rile­va­re, nel 1892, la vec­chia Bir­re­ria Kief­fer. A quel­la data si trat­ta­va di un pic­co­lo labo­ra­to­rio arti­gia­no con annes­so loca­le per il con­su­mo posto nel qua­dri­la­te­ro for­ma­to dal­la Via Men­ta­na, Via de Lar­da­rel, Via Spro­ni e Via Chiel­li­ni. Da qui ha ini­zio la sto­ria del­la fab­bri­ca di Bir­ra De Gia­co­mi che ebbe un gran­de svi­lup­po fino al 1939, anno in cui l’intero com­ples­so fu acqui­si­to dal­la Socie­tà Bir­ra Peroni. 
Per la pro­du­zio­ne del­la bir­ra si uti­liz­za­va l’acqua che si tro­va­va in abbon­dan­za pro­prio sot­to lo sta­bi­li­men­to, cana­liz­zan­do­la diret­ta­men­te dal­la sor­gen­te agli impian­ti produttivi. 
Gli anni del­la guer­ra si abbat­te­ro­no sugli impian­ti in manie­ra deva­stan­te dan­neg­gian­do gli edi­fi­ci pro­dut­ti­vi che furo­no rico­strui­ti e amplia­ti ripren­den­do la cor­sa pro­dut­ti­va fino a rag­giun­ge­re i 70.000 etto­li­tri nel 1963. L’emergere di sta­bi­li­men­ti più all’a­van­guar­dia e l’ubicazione dell’impianto nel cen­tro cit­tà uni­ta­men­te all’im­pos­si­bi­li­tà di poter amplia­re le uni­tà pro­dut­ti­ve deter­mi­nò il len­to decli­no del­la Bir­re­ria livor­ne­se, che chiu­se i bat­ten­ti nel 1979, lascian­do un segno for­te e inde­le­bi­le nel­la sto­ria e nel­la cul­tu­ra del­la città.

Stabilimento Birra De Giacomi Reparto imbottigliamento
Sta­bi­li­men­to Bir­ra De Gia­co­mi Repar­to imbottigliamento