- Federica Falchini -
Lavandaie e acquaiole, due mestieri che le donne di Livorno hanno svolto per moltissimo tempo, dando un contributo fondamentale alla sana condotta quotidiana legata all’acqua, elemento primario di benessere, salute e igiene, soprattutto in tempo di epidemie. Il loro lavoro umile non è mai passato inosservato, rimanendo impresso nell’immaginario e persino in qualche locuzione linguistica. Il detto Viaggio d’acqua indicava il trasporto di barili della capacità di 40 litri che dai carretti venivano trasportati a mano su per le scale o fino ai portoni delle case dalle acquaiole, per portare acqua pulita nelle case, prive di ogni impianto idrico. Uno dei mestieri più faticosi tra quelli femminili, le acquaiole donne vigorose, risolute e spesso rissose che facilmente potevano azzuffarsi intorno alle fontane per questioni di precedenza a colpi di zoccoli e grida.
Una bella incisione ottocentesca ritrae un gruppo di donne accapigliate intorno al Monumento a Ferdinando I, detto dei Quattro Mori. Un altro mestiere dell’acqua era quello delle lavandaie riservato esclusivamente alle donne, spesso alle orfane e trovatelle, associato in molti casi a quello delle levatrici. A Livorno esistevano 52 lavatoi pubblici, quelli più noti, andati distrutti nell’ultima guerra, si trovavano nei pressi della Fortezza Nuova in una strada detta Via dei Lavatoi, così come nei pressi del Cisternone dove esiste ancora oggi il Vicolo delle Lavandaie.