- Michela Vianelli -
Percy Bysshe Shelley (1792 – 1822) tra i più celebri poeti inglesi e lirici romantici, scelse di trascorrere molta parte della sua vita in Italia, in particolare a Napoli, Pisa e Livorno dove soggiornò ben tre volte tra cui anche nel 1822, anno della sua tragica morte in mare.
Shelley intraprese un grand tour in Italia dal 1818 che lo condusse fino alla nostra città, in compagnia delle seconda moglie Mary Wollstonecraft Godwin. In quegli anni molti intellettuali si fermavano a Livorno: qui risiedeva una vasta comunità di Inglesi, membri della British Factory e si potevano trovare aria buona e libri a volontà. Come sottolinea la contessa di Blessington, amica di Lord Byron “la possibilità di ricevere libri e altri generi di conforto dall’Inghilterra, attraverso Livorno, che è un porto franco, la raccomanda moltissimo”.
Gli Shelley giunsero per la prima volta a Livorno il 10 maggio 1818 e la prima impressione che il poeta ebbe della nostra città non fu delle migliori; egli infatti cercava un luogo dove poter trovare quiete e solitudine che si adattassero al suo spirito sognatore, e il chiasso di quello che al tempo era un fiorente porto in cui ferveva l’attività commerciale e marittima certo non lo accontentò. Eppure qualcosa in lui lo portò a legarsi nel profondo con la città. Nella metà di giugno del 1819, dopo aver soggiornato all’Aquila Nera, rinomato albergo dell’epoca lungo gli scali d’Azeglio, gli Shelley si trasferirono a Villa Valsovano, situata in un podere in Via Valsovano (attuale Via del Fagiano). Nella villa il poeta aveva trovato il rifugio ideale dalla quale diceva di poter vedere, da un lato il mare con le sue isole Gorgona, Capraia, Elba e Corsica, dall’altro lato gli Appennini; compose qui la tragedia “The Cenci”.
Fu proprio in questo soggiorno che Shelley cominciò ad amare la bellezza della natura livornese che celebrò successivamente nell’ode “To a Skylark”.
Nel 1822 dopo una permanenza di tre giorni nella nostra città, durante una traversata in mare, la barca dove viaggiava fu travolta da una tempesta e Shelley perse la vita. Il suo corpo fu ritrovato 10 giorni dopo a Viareggio. Per un’ironica coincidenza, sulla spiaggia di Viareggio, insieme al suo corpo, fu ritrovato il suo ultimo poema “The Triumph of Life” (Il Trionfo della Vita) scritto proprio sulla barca che lo portò alla morte. Shelley è celebre per aver scritto opere da antologia quali “Ozymandias”, “l’Ode al vento occidentale”, “A un’allodola”, e “La maschera dell’anarchia”, ma quelli che vengono considerati i suoi capolavori furono i poemi narrativi come il “Prometeo liberato” e “l’Adonais”.