— Daniela Vianelli —
Livorno è una città che può vantare un passato e un’interessante storia legata al teatro.
ll primo teatro fu il San Sebastiano, o delle Commedie, realizzato alla metà del XVII secolo, trasformando poco più che uno stanzone in una cavea con tanto di palchetti suddivisi in 4 ordini bassi ed angusti. Un primo spazio scenico dunque, ubicato nelle immediate vicinanze di porta Colonnella, all’imboccatura del porto su progetto del capomastro Raffello Tenagli.
Pochi anni più tardi venne aperto, nella zona della Venezia, un nuovo teatro detto dapprima degli Armeni, per la vicinanza della chiesa omonima, poi degli Avvalorati, dall’Accademia che ne assunse la gestione. Inaugurato nel 1782 fu costruito per iniziativa dell’imprenditore Gaetano Bicchierai. Il nuovo luogo di spettacolo, rispondente alle esigenze sceniche e di rappresentanza della classe borghese, poteva vantare una sala con cinque ordini di palchi, mentre all’esterno, la facciata in rilievo evidenziava in modo elegante, la presenza in città di un vero e proprio teatro, tempio laico della borghesia al potere. Nonostante le buone intenzioni l’Avvalorati, dalla seconda metà dell’Ottocento, decadde progressivamente, insieme al decadere del quartiere della Venezia. Stessa triste sorte fu riservata all’altro bel teatro realizzato poco lontano dagli Avvalorati, ovvero il Teatro dei Floridi, sempre dal nome dell’Accademia omonima, detto poi comunemente San Marco, inaugurato nel 1806 nell’area risultante dalla lottizzazione del Rivellino di San Marco. Con i suoi 136 palchi rigorosamente suddivisi in cinque ordini, era uno dei più grandi e armonici d’Italia.
Le vicende del teatro ebbero alti e bassi; dopo un avvio intenso, con spettacoli di prim’ordine, il San Marco conobbe vari momenti di abbandono ciò comunque non impedì che nel 1921 la sua sala ospitasse il primo congresso del Partito Comunista Italiano, subito dopo la storica scissione del Partito Socialista presso il teatro Goldoni.
Un nuovo teatro, il Rossini, nella via dei Fulgidi, nome dell’Accademia che acquistò l’edificio e si occupò quindi della vita della sua attività, fu inaugurato nel 1842. Progettato da Innocenzo Gragnani, si caratterizzò sempre per la sua particolare eleganza, sia nel prospetto che nelle decorazioni interne e nell’articolazione degli spazi e nell’arredo. Si trattava di un teatro di modeste dimensioni, con 130 palchetti distribuiti in cinque ordini, che comunque ebbe una ricca programmazione spettacolare.
L’unico grande teatro ottocentesco che si è, possiamo dire, miracolosamente salvato dalla guerra è il Teatro Goldoni inaugurato nel 1847 su progetto dell’architetto Giuseppe Cappellini, su mandato dei fratelli Caporali. Il teatro, diurno e notturno, a somiglianza di quelli di Venezia e Trieste, era tra i più belli e grandiosi d’Italia. All’interno era stata ricavata una vasta sala destinata all’accademia Filarmonica, poi denominata comunemente Goldonetta, dove potevano essere realizzate delle rappresentazioni per un ristretto numero di spettatori.
Se il Rossini e il Goldoni nell’Ottocento erano stati concepiti come teatri salotto, un altro obiettivo era senz’altro alla base del progetto di un nuovo teatro costruito a Livorno nella seconda metà del secolo: il Politeama. Aperto nel 1878, l’edificio si presentava in toni modesti anche se non fu modesta la sua attività: infatti, in onore all’etimo esatto del suo nome, “molti spettacoli”, il Politeama ospitò un grandissimo numero di performance. La sua struttura, con un’intelaiatura di ferro, era stata concepita proprio per poter accogliere spettacoli di ogni genere: prosa, lirica, ma anche spettacoli circensi, permettendo anche l’esibizione di acrobati, attraverso un complicato sistema di trabeazione aerea, con tiranti. Per completare la rassegna dei luoghi di spettacolo della città non possiamo trascurare le arene, ovvero i teatri diurni, anch’essi come il Politeama, di stampo popolare, ma molto frequentate dalla cittadinanza, luoghi di spettacolo vitali e dinamici. Una prima arena, l’Arena Labronica, fu realizzata lungo i fossi, nella zona attualmente occupata dal Mercato Centrale, ad opera di due imprenditori, Giuseppe Balzano e Alesando Bagagli, che dopo averla venduta nel 1838 ne costruirono una seconda, tra via Montanara e via Curtatone, denominata Teatro degli Acquedotti, poi Arena Alfieri, in un’area più decentrata, lungo il viale dei Condotti Nuovi, attuale viale Carducci.
Nel 1863 fu inaugurata l’Arena Garibaldi, in via degli Asili, simile per struttura a quella di viale degli Acquedotti. Lo spettacolo di apertura fu realizzato dalla compagnia di Ernesto Rossi. Un inizio che poteva far ben sperare ma che invece non fu di buon auspicio, tanto che ben presto il teatro venne abbandonato, forse, come dice il Piombanti, per la posizione non molto felice.
Appare dunque evidente che il clima della città era decisamente favorevole agli spettacoli; il moltiplicarsi di spazi dedicati al teatro e la ricca offerta di programmazioni dimostra quanto la piazza livornese fosse uno dei luoghi di eccellenza di questa arte, una tappa d’obbligo delle più importanti compagnie.